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La parabola dei 10 monumenti

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(Una delle parabole di Gesù non riportate nei Vangeli.)

 

«Un padre di famiglia aveva due figli, ugualmente amati e dei quali egli voleva essere in uguale misura il benefattore.

Questo padre aveva, oltre alla dimora dove erano i figli, dei possessi dove erano grandi tesori nascosti. I figli sapevano di questi tesori ma non sapevano la via per andarvi, perché il padre, per motivi suoi propri, non aveva rivelato ai figli la via per giungervi, e ciò per molti e molti anni. Però, a un certo momento, chiamò i suoi due figli e disse:

"È bene che ormai voi conosciate dove sono i tesori che il padre vostro ha messo da parte per voi, per poterli raggiungere quando io ve lo dirò. Intanto conoscetene la strada e i segnali che ho messo in essa, perché voi non smarriate la via giusta. Sentitemi dunque. I tesori non sono in pianura dove stagnano le acque, arde il solleone, sciupa la polvere, soffocano gli spini e i triboli, e dove facilmente i ladri possono giungere per derubarvi. I tesori sono in cima a quel monte, alto e scabro. Io li ho collocati là in cima, e là vi attendono. Il monte ha più di un sentiero, anzi ha molti sentieri. Ma uno solo è buono. Gli altri, quali finiscono in precipizi, quali in caverne senza uscita, quali in fosse di acqua melmosa, quali in serpai di vipere, quali in crateri di zolfo acceso, quali contro muraglie insuperabili. Quello buono invece è faticoso ma giunge alla vetta senza interruzione di precipizi o altri ostacoli. Perché voi lo possiate riconoscere, io ho messo lungo di esso a distanze regolari dieci monumenti di pietra, con sopra incise queste tre parole di riconoscimento: amore, ubbidienza, vittoria. Andate seguendo questo sentiero e raggiungete il luogo del tesoro. Io poi, per altra via, nota a me solo, verrò e ve ne aprirò le porte perché siate felici."

I due figli salutarono il padre che, finché poté essere udito da loro, ripeté:

"Seguite la via che vi ho detto. È per il vostro bene. Non lasciatevi tentare dalle altre, anche se vi sembrano migliori. Perdereste il tesoro, e me con esso..."

Eccoli giunti ai piedi del monte. Un primo monumento era alla base, proprio all'inizio del sentiero che era al centro di una raggiera di sentieri che salivano alla conquista del monte in ogni senso. I due fratelli iniziarono la salita sul sentiero buono. Era ancora molto buono nel primo tempo, benché senza un filo d'ombra. Dall'alto del cielo il sole vi scendeva a picco inondandolo di luce e di calore. La candida roccia in cui era tagliato, il terso cielo sul loro capo, il caldo sole ad abbraccio delle loro membra. Ma ancora animati da buona volontà, dal ricordo del padre e delle sue raccomandazioni, salivano gioiosi verso la cima. Ecco un secondo monumento... e poi ecco il terzo. Il sentiero era sempre più faticoso, solitario, ardente. Non si vedevano neppur più gli altri sentieri, nei quali erano erbe e piante o acque chiare, e soprattutto salita più dolce, perché meno ripida e tracciata nel suolo, non già sulla roccia.

"Nostro padre ci vuol far giungere morti." disse un figlio giungendo al quarto monumento. E cominciò a rallentare il passo.

L'altro lo confortò a proseguire dicendo: "Egli ci ama come altri se stesso e più ancora, perché ci ha salvato il tesoro così meravigliosamente. Questo sentiero nella roccia, che senza smarrimenti sale dal basso alla cima, lo ha scavato lui. Questi monumenti li ha fatti lui per guida nostra. Pensa, fratello mio. Lui, da solo, ha fatto tutto questo, per amore! Per darlo a noi! Per far che vi giungiamo senza sbaglio possibile e senza pericolo!"

Camminarono ancora. Ma i sentieri lasciati a valle ogni tanto si riaccostavano al sentiero nella roccia, e sempre più lo facevano più il monte avvicinandosi alla cima si faceva più stretto nel suo cono. E come erano belli, ombrosi, invitanti!

"Io quasi prendo uno di quelli." disse il malcontento giungendo al sesto monumento. "Tanto anche quello va alla cima."

"Tu non lo puoi dire. Non vedi se sale o se scende."

"Eccolo lassù!"

"Non sai se è questo. E poi il padre l'ha detto di non lasciare l'onesto sentiero."

Di mala voglia lo svogliato proseguì. Ecco il settimo monumento.

"Oh, io me ne vado proprio."

"Non lo fare, fratello!"

Su per il sentiero veramente difficilissimo ormai. Ma la cima era ormai prossima. Ecco l'ottavo monumento e vicino, proprio rasente, il sentiero fiorito.

"Oh, lo vedi che, se non in linea retta, va proprio su anche questo?"

"Non sai se è quello."

"Sì. Lo riconosco."

"Ti inganni."

"No. Vado."

"Non lo fare. Pensa al padre, ai pericoli, al tesoro."

"Ma vadano in perdita tutti! Che me ne faccio del tesoro se giungo in cima morente? Quale pericolo più grande di questa via? E quale odio più grande di questo del padre che ci ha beffati con questo sentiero per farci morire? Addio. Giungerò prima di te, e vivo." e si gettò nel sentiero attiguo, scomparendo con una esclamazione di gioia dietro i tronchi che l'ombreggiavano.

L'altro proseguì tristemente... La via nel suo ultimo tratto era proprio tremenda! Il viandante non ne poteva più. Era come ubriaco di fatica, di sole. Al nono monumento si fermò ansante, appoggiandosi alla pietra scolpita e leggendo macchinalmente le parole incise. Vicino era un sentiero d'ombra, d'acque, di fiori...

"Quasi quasi... Ma no. No! Lì è scritto, e l'ha scritto mio padre: amore, ubbidienza, vittoria. Devo credere. Al suo amore, alla sua verità, e devo ubbidire per mostrare il mio amore. Andiamo. L'amore mi sorregga..."

Ecco il decimo monumento. Il viandante esausto, arso dal sole, camminava curvo come sotto un giogo. Era l'amoroso e santo giogo della fedeltà che è amore, ubbidienza, fortezza, speranza, giustizia, prudenza, tutto... Invece di appoggiarsi si gettò seduto a quella larva d'ombra che il monumento faceva al suolo. Si sentiva morire. Dal sentiero accosto veniva un rumore di ruscelli e odor di bosco...

"Padre, padre..., aiutami col tuo spirito nella tentazione..., aiutami a esser fedele sino alla fine..."

Da lontano, ridente, la voce del fratello: "Vieni, ti aspetto. Qui è un Eden. Vieni..."

"Se andassi?" e gridando forte: "Si sale proprio alla vetta?"

"Sì, vieni. C'è una galleria fresca che porta su. Vieni! La vedo già la vetta, oltre la galleria nel masso..."

"Vado? Non vado? Chi mi soccorre? Vado..."

Puntò le mani per rialzarsi, e mentre lo faceva notò che le parole scolpite non erano più sicure come quelle del primo monumento.

"In ogni monumento le parole erano più leggere, come se il padre mio, spossato, avesse faticato a inciderle. E guarda! Anche qui quel segno rosso bruno, che già era visibile dal quinto monumento. Solo che qui esso empie il cavo di ogni parola ed è scolato fuori, rigando il masso come di lacrime scure, come di sangue..."

Grattò col dito là dove era una macchia vasta quanto due mani. E la macchia si sfarinò, lasciando scoperte, fresche, queste parole:

"Così vi ho amato. Sino a spargere il sangue per condurvi al tesoro."

"Oh! Padre mio! E io potevo pensare a non fare il tuo comando?! Perdono, padre mio! Perdono!"

Il figlio pianse contro il masso, e il sangue che empiva le parole si rifece fresco, splendendo come rubino, e le lacrime furono cibo e bevanda al figlio buono, e forza. Si alzò. Per amore chiamò il fratello, forte... voleva dirgli la sua scoperta... l'amore del padre...

"Torna, fratello!"

Nessuno rispose...

Il giovane riprese l'andare, quasi a ginocchi sulla pietra rovente, perché era proprio sfinito nella carne dalla fatica, ma lo spirito era sereno.

Ma ecco la vetta!... E là, ecco il padre!...

"Padre mio!"

"Figlio diletto!"

Il giovane si abbandonò sul petto paterno... il padre lo accolse coprendolo di baci...

"Sei solo?"

"Sì, ma presto giungerà il fratello."

"No. Non giungerà più. Ha lasciato la via dei dieci monumenti. Non vi è tornato dopo i primi disinganni ammonitori. Vuoi vederlo? Eccolo là... Nel baratro di fuoco... È stato pertinace nella colpa. Lo avrei ancora perdonato e atteso se, dopo aver conosciuto l'errore, fosse tornato sui suoi passi e, sebbene con ritardo, fosse passato per dove l'Amore è passato per primo, soffrendo sino a spargere il suo Sangue migliore, la parte più cara di Se stesso, per voi."

"Egli non sapeva...."

"Se egli avesse guardato con amore le parole scolpite nei dieci monumenti, avrebbe letto il loro vero significato. Tu lo hai letto sin dal quinto monumento, e lo hai fatto notare all'altro dicendo: 'Il padre qui deve essersi ferito!'. E lo hai letto nel sesto, settimo, ottavo, nono... sempre più chiaro, sinché hai avuto l'istinto di scoprire ciò che era sotto il Sangue mio. Sai il nome di quell'istinto? 'Tua vera unione con me.' Le fibre del tuo cuore, fuse alle mie fibre, hanno trasalito e ti hanno detto: 'Qui avrai la misura di come ti ama il padre'. Ora entra nel possesso del Tesoro e di Me stesso, tu amoroso, ubbidiente, vittorioso in eterno!"

 

I dieci monumenti sono i dieci comandamenti.

Il vostro Dio li ha scolpiti e messi sul sentiero che porta al Tesoro eterno, e ha sofferto per condurvi a quel sentiero. Voi soffrite? Anche Dio. Voi dovete forzare voi stessi? Anche Dio. Sapete sino a che punto? Soffrendo di separarsi da Se stesso e di forzarsi a conoscere l'esser uomo con tutte le miserie che l'umanità porta seco: il nascere, il patire freddo, fame, fatica e sarcasmi, affronti, odi, insidie e infine la morte, dando tutto il Sangue per darvi il Tesoro. Questo soffre Dio sceso a salvarvi. Questo soffre Dio nell'alto del cielo permettendo a Se stesso di soffrirlo. In verità vi dico che nessun uomo, per faticoso che sia il suo sentiero per giungere al cielo, non farà mai un sentiero più faticoso e doloroso di quello che il Figlio dell'Uomo percorre per venire dal cielo alla terra e dalla terra al sacrificio per aprirvi le porte del Tesoro. Nelle tavole della legge è già il mio Sangue. Nella via che vi traccio è il mio Sangue. La porta del Tesoro si apre sotto l'onda del mio Sangue. La vostra anima si fa candida e forte per il lavacro e il nutrimento del mio Sangue.

Ma voi, perché non sia sparso invano, dovete battere la via immutabile dei dieci comandamenti.»

 

(Dagli scritti della mistica Maria Valtorta.)

 

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